Superstringhe” al “Duende”

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Superstringhe” al “Duende”

(Giovedì 21 Febbraio 2019)
Non sono molti gli studenti che, pervenuti all’ultimo anno del loro corso di studi superiori, o ai primi anni di Università, si rendono conto che quelle poche nozioni scientifiche possedute (peraltro estremamente frammentarie), sono totalmente obsolete e praticamente inservibili per vivere attivamente negli spazi culturali del secolo ventunesimo. Ciò significa che la scuola ha creato e continua a generare dei “disadattati culturali”, esseri umani che vivono nell’Universo di Copernico e Newton quando non addirittura in dimensioni pre o dichiaratamente antiscientifiche, “pabula” propizi per i
metafisici “incantatori di serpenti” che, più o meno esplicitamente, tendono ad annullare, durante tutto l’arco della vita scolastica, dalle materne all’Università, quell’intelligenza potenziale di cui ogni essere umano normodotato è provvisto.

La “fabbrica del deficiente” è una catena di “smontaggio” dei cervelli e deve produrre in serie servitori fedeli decorticati, pronti anche alla morte pur di difendere i “legittimi interessi” (alias, portafoglio), dei padroni-ipnotizzatori; per questo, la Scienza, la vera Scienza, quella pura, non contaminata dalla ripugnante etichetta tipo ”area scientifico-tecnica”, è stata sempre osteggiata e perseguitata, in ogni epoca, da Galileo a Darwin.

Per liberarci dalle “imposture intellettuali”, Alan Sokal non basta, bisogna cambiare la struttura economico-sociale del mondo; infatti (ed anche questo risulta pressoché ignoto ad ogni studente in procinto di sostenere gli esami di stato), la Scienza di fine secolo XX, inizio ventunesimo, risulta inconciliabile con gli ordinamenti socio-politici vigenti e tutto ciò è emerso con forza dalle “Scienze della Complessità”, che ci hanno illustrato come l’ordine emerga spontaneamente dal Caos.

Nell’ambito strettamente socio-politico, ognuno è libero di trarre da questi insegnamenti le conseguenze che ritiene opportune, ma, rimanendo nel dominio delle Scienze Naturali, la “morale della favola” è che l’Universo deterministico e la Scienza materialista, positivista e riduzionista che così lo interpretava, hanno fatto il loro tempo, mentre la nuova visione della realtà naturale, richiede invece un atteggiamento olistico ed una visione biocentrica che spieghi proprio quello che costituiva un mistero per la Scienza cartesiana e newtoniana: la vita. Se infatti per la Scienza classica preevoluzionista e predarwinista la vita era un fenomeno inspiegabile (nei capitoli precedenti ho trattato infatti del fenomeno più improbabile del Cosmo) ed ancor più incomprensibile risultava essere la Biodiversità, oggi invece gli studiosi ritengono che la struttura che soggiace al nostro mondo deve essere ricercata nella logica dell’evoluzione. Infatti, ogni processo che agisce nel tempo, come la selezione naturale, può essere spiegabile logicamente e può effettivamente inventare le “novità”; la nostra comprensione di come l’evoluzione possa produrre nuove strutture, coinvolge quindi il tempo come elemento essenziale.

La cosmologia aristotelica e la società medioevale erano basate, come sappiamo, su una concezione gerarchica di un universo finito e fissato, una volta per tutte, governato da leggi immutabili, una delle quali, tra le più importanti, scoperta da Newton, regola l’impertur-babile ed immutabile movimento dei corpi celesti; tale movimento è paragonabile a quello dei bilanceri di un orologio e tale analogia è servita a presentare un modello scientifico, quello appunto dell’Universo-orologio (che per il sedicesimo secolo era la macchina più perfetta concepibile dall’uomo). Ovviamente, tale modello presuppone almeno altre 2 realtà: un costruttore (orologiaio), preesistente ed una futura e certa “fine” del manufatto, fosse solo per conseguenza del secondo principio della Termodinamica.

In quest’ottica deterministica, che orienta verso una visione pessimistica dell’esistenza, non è possibile credere alla realtà del nuovo e tutto si svolge come era stato prestabilito; si aveva a che fare quindi con un Universo tanto perfetto ed ammirevole quanto freddo ed immutabile, in cui l’unico approccio possibile come spiegazione scientifica era quello riduzionistico, applicabile ai fenomeni semplificabili e vicini all’equilibrio, mentre la vita e la coscienza ne rimanevano estranei ed inspiegabili. Questo è, nell’ipotesi migliore, l’Universo fisico che l’organizzazione scolastica propina ai suoi allievi e tale modello esplicativo conduce, come abbiamo visto, ad una visione”rassegnata” dell’esistenza, che giustifica le gerarchie volute dall’alto ed odia la vita, la Biodiversità, l’unicità, l’irripetibilità, l’originalità ed ogni innovazione.

Nell’ambito di questo modello, la Scienza è soltanto spiegazione dei meccanismi, mentre il mondo dei valori risiede altrove, nella letteratura, nell’arte, nella religione e, vedi caso, nella politica, da molti considerata la “scienza del possibile”, a differenza delle Scienze Naturali, che chiariscono soltanto fenomeni meccanici e ripetitivi, distanti le mille miglia dal mondo umano, o meglio da questo pseudoumanesimo immaginario. A tal proposito, un mio conoscente, tanto ignorante di Scienze quanto ricco d’intuito e di spirito invettivo, mi disse qualche tempo fa, che quello che realmente importa e serve nella vita quotidiana è sostanzialmente ”Foscolo” (cioè la letteratura, l’arte, la filosofia e simili), in quanto discipline perpetuamente e liberamente reinterpretabili dalla personalità dell’individuo-attore; invece, la Matematica (per non parlare delle altre Scienze), oltre ad essere pressoché completamente inutile (perché lontanissima dalle nostre esigenze spirituali quotidiane), risulta ripetitiva e monotona (aveva forse intuito la presunta “tautologia” della Matematica?).

Nonostante la sua notevole intuizione ed il suo forte spirito critico, quell’amico era però caduto miseramente nella trappola cognitiva di chi ha ispirato lo “slogan delle tre i” (inglese, informatica, impresa) e ciò indipendentemente dal suo consenso esplicito e cosciente a tali ideologie; ancora una volta, quindi, si palesava un ennesimo esempio di come il ristrettissimo drappello di coloro che ci tiranneggiano, hanno imposto il loro lucchetto ai nostri cervelli (incluso ai migliori).

La visione dell’Universo elaborata da Descartes e Newton, assomiglia moltissimo alla società ideale vagheggiata da Hobbes e Locke; gli individui che formano la società umana sono come gli atomi che si muovono individualmente con proprietà definite rispetto ad una struttura spazio-temporale fissa ed assoluta e che interagiscono tra loro secondo leggi anch’esse assolute ed immutabili. Ecco così delineato l’ideale della società liberale dell’Europa del diciottesimo e diciannovesimo secolo, sacra ara votiva alla quale tutti dobbiamo immolare i nostri “vitelli” e che ancora, da quasi 3 secoli, ci tiene schiavi e contenti.

Non dobbiamo dimenticare, che siamo tutti figli del XX secolo, un’epoca in cui sono stati uccisi più esseri umani che in tutte le altre nella storia dell’umanità, ma anche un’epoca in cui, per la prima volta, l’arte, la politica, la Scienza, la cultura popolare ed il commercio sono diventate internazionali. Questa epoca in cui siamo nati, è stata un’epoca di transizione, dalla quale l’umanità verrà fuori lentamente, avviandosi gradualmente verso un mondo nuovo. Percepiamo infatti dovunque i segni della transizione che si stagliano chiaramente nelle grandi conquiste intellettuali ed artistiche della nostra epoca; dalla pittura di Picasso ai surrealisti, agli impressionisti astratti, dalla musica ”con radici”, alla danza, all’antifilosofia di Wittgenstein, al Teorema di Godel, alla Biologia moderna, che si avvia finalmente a diventare Scienza fondamentale ed alla visione olistica di “Gaia” di Margulis-Lovelock, probabile inizio di una nuova concezione religiosa. In queste e con queste idee, oltre che, naturalmente con tante altre invenzioni della nostra immaginazione, cerchiamo di scoprire e creare la coerenza e la bellezza del mondo.

Una delle lezioni di questa transizione è il presagio della dissoluzione universale degli Stati-Nazione, che, riscoprendo il molteplice patrimonio culturale delle loro regioni storiche, si avviano a divenire Stati plurinazionali, multietnici e multilingui, in cui, la “scoperta dell’altro” è concepita come una vera e propria benedizione culturale; si delinea così il “villaggio globale” della diversità etnico-culturale, in cui ogni uomo, indipendentemente dalle sue condizioni, razza, sesso e luogo di nascita, può scegliersi, non subirsi, una “patria culturale”, assecondando i propri schemi mentali.

La lingua nazionale è un limite che va superato, perché la società del futuro deve essere poliglotta; anzi, per il bene di tutti, dobbiamo imparare a pensare in tutte le lingue possibili! Fino ad oggi, infatti, mentre certi aspetti delle varie culture si sono diffusi facilmente (ad esempio quelle legate alle arti figurative che non bisognano di traduzione), la letteratura e la musica ( non quelle commerciali di bassa lega), rimangono nazionali, mentre, per i libri filosofici e scientifici, manca un mercato sufficiente a giustificare una traduzione.

Il XX secolo rappresentò un trionfo parziale della concezione relazionale (che Leibniz fece propria) ed in un mondo relazionale, le proprietà delle cose non sono fissate, ma tali proprietà derivano dalle interazioni e dalle relazioni tra le cose del mondo; nella Scienza contemporanea e non solo nella Biologia, il problema dell’esistenza della vita diventa centrale, mentre, come abbiamo visto, nell’Universo newtoniano non c’è spazio per la vita, infatti, basandoci sulla Fisica del diciannovesimo secolo, è impossibile percepire una connessione tra gli esseri umani ed il resto dell’Universo. Nel corso del XX secolo, peraltro, la Scienza ha sostituito la religione come autorità cosmologica, però, la stragrande maggioranza degli operatori culturali non scienziati, non conosce questo dato di fatto ed è rimasta ancorata a cosmologie mistico-religiose o filosofico-scientifiche ormai obsolete.

La Fisica propinata agli studenti nei corsi scolastici vigenti, è, per lo più, Fisica classica, prerelativistica e prequantistica; a tal proposito, Herbert Bernstein sosteneva che, se la Meccanica Quantistica (che non è meccanica) è tanto fondamentale, deve essere insegnata per prima in ogni corso di Fisica. C’è infatti almeno un motivo per non credere alla Fisica che viene insegnata nei corsi scolastici (in rari casi si va oltre a ciò che si sapeva nel 1900): essa non è vera. La Fisica newtoniana è utile come approssimazione, ma guai a scambiarla per verità; infatti, non può dirci nulla di quello che tutti, in realtà, vorremmo sapere con priorità, cioè perché esiste la vita e la coscienza(cioè la nostra specie) e perché, ad esempio, ci sono 11000 specie di formiche (ovvero, qual è il significato della Biodiversità).

Essa inoltre risulta profondamente errata anche per quanto riguarda il suo campo specifico di Scienza dell’inorganico (senza alcun riferimento quindi alla Biologia), in quanto Einstein e colleghi hanno determinato che lo spazio ed il tempo non sono assoluti.

La Teoria Quantistica, che è una delle più grandi rivoluzioni scientifiche di tutti i tempi e nella sua versione ortodossa, universalmente accettata, ha evidenziato alcuni principi di fondamentale importanza, ovvero: A) Non esiste una realtà obiettiva della materia, ma solo una realtà di volta in volta creata dalle osservazioni dello sperimentatore; B) Le dinamiche essenziali del micromondo sono caratterizzate dall’acausalità; C) In determinate condizioni, è possibile che la materia possa”comunicare” a distanza o possa “scaturire dal “nulla”; D) Lo stato oggettivo della materia è caratterizzato da una sovrapposizione di più stati.

Ho già accennato a tutto ciò in capitolo precedenti, ma ritengo utile soffermarmi ancora sul Principio d’Indeterminazione di Heisenberg, che c’insegna che, qualsiasi sia la parte del mondo che stiamo studiando, ci è concesso conoscere solo la metà dell’informazione che ci servirebbe per poterla descrivere completamente. Inoltre, l’intercorrelazione della descrizione quantistica fa si che, ogni volta che 2 sistemi abbiano interagito, la loro descrizione sarà legata insieme, indipendentemente da quanto lontano questi 2 sistemi si trovino.

Tutto ciò si esprime semplicemente dicendo che la Meccanica Quantistica è “non locale"; infatti, mentre una teoria locale può descrivere completamente qualcosa parlando solo di ciò che si trova nelle sue vicinanze, una teoria non locale non lo può fare. L’intercorrelazione dello stato quantistico implica un aspetto essenziale del mondo, di conseguenza, l’atomismo, almeno quello della versione più radicale, per cui le proprietà di una particella sono indipendenti dalle proprietà di tutte le altre particelle, è errato e falsificato dall’esperimento di Alain Aspect (il quale dimostrò, com’è noto, che la località non è un principio rispettato dalla Natura). Alain Aspect, dell’Istituto di Ottica di Parigi, nel 1982, si propose di fornire un supporto sperimentale alla teoria matematica non locale della Meccanica Quantistica ed effettivamente, i suoi esperimenti permisero di risolvere il contenzioso che ormai da mezzo secolo opponeva i fisici che si riconoscevano nelle posizioni “classiche” (come Einstein), ai fisici quantistici della Scuola di Copenhagen (come Bohr).

Non scendendo in particolari tecnici, riferiamo soltanto che Aspect verificò che, quando in un percorso che denomineremo A, un cristallo birifrangente deviava un fotone (1) verso un rivelatore c, anche il fotone (2), separato dal primo e senza ostacoli davanti, istantaneamente e spontaneamente deviava verso il rivelatore d. Quindi, la deviazione del primo fotone, produce un effetto istantaneo a distanza (indipendentemente da quanto grande fosse questa distanza) sul secondo fotone; ciò è la regola quando si eseguono esperimenti su coppie di particelle correlate (i 2 fotoni dell’esperienza di Aspect sono prodotti dal decadimento di un atomo di calcio e si muovono seguendo percorsi opposti).

Chiunque provi ad interpretare questa esperienza secondo i canoni della Fisica classica studiacchiata a scuola, non ci riuscirà; solo abbandonando l’idea che le particelle correlate separate rappresentano enti distinti, scompaiono buona parte degli ostacoli, concettuali e pratici, che impediscono un’azione a distanza. Alain Aspect, senza dubbio, ha inflitto, con il suo esperimento, il colpo di grazia alle concezioni atomistiche (cominciando dai filosofi atomisti dell’antica Grecia), aristoteliche, nonché alla “Fisica classica”, il cui inizio abbiamo fatto coincidere con le teorie di Newton.

A distanza di alcuni secoli, Leibniz, il grande rivale di Newton, si è preso la sua rivincita, ma l’apoteosi assoluta, il “duende” profondo che emana da tutta la conoscenza scientifica contemporanea, vibra nella possente personalità scientifica di Charles Darwin. Il lettore attento avrà certamente capito, a questo punto, che l’esperimento di Aspect costituisce un vero e proprio test su un principio filosofico, un test tanto importante da permetterci addirittura di superare la visione riduzionistica e meccanicistica del mondo; infatti, la Fisica contemporanea c'insegna che non possiamo avere una descrizione completa di ogni singola particella, a meno che non forniamo contemporaneamente una descrizione completa dell’intero Universo.

Con questa lezione, il riduzionismo delle Scienze fisico-chimiche è bello e servito e per procedere oltre nella conoscenza, dobbiamo trovare altri metodi che non contemplino la parcellizzazione del tutto nelle sue parti minime costituenti. Ciò significa anche che, ogni teoria fisica che rappresenterà un progresso rispetto alla Meccanica Quantistica, dovrà essere una teoria esplicitamente cosmologica.

Noi uomini che viviamo nell'Universo, formiamo inestricabilmente parte del medesimo sistema intercorrelato e non è possibile una descrizione di noi stessi senza incorporarvi gli altri. Mi sembra, che tale acquisizione culturale comporti il riconoscere l’imprescindibilità della conoscenza scientifica anche per la conoscenza della realtà umana più profonda; infatti, se noi siamo parte dell’Universo e possiamo comprenderci e comprendere perché comprendiamo l’interconnessione tra noi e tutte le altre cose, ciò vuol dire che il mondo dei valori, ovvero l’espressione più genuina della nostra umanità, non è estraneo alla Scienza (che è interprete della Natura), ma, invece, ne è parte integrante. Anzi, la Scienza, nel suo continuo processo autocorrettivo, genera i valori che la società perpetua e salvaguarda, costituendo le sue tradizioni.

La descrizione oggettiva del mondo, ideale della Scienza positivista, risulta in conflitto con i risultati della Fisica sperimentale; dobbiamo imparare a considerare l’Universo come “opera d’arte” e lo scienziato come un artista che, con la sua opera creativa, ci riferisce del bello, del nuovo e dell’irripetibile, generati nei sistemi lontani dall’equilibrio in prossimità dei punti di biforcazione. Mentre la tecnologia selvaggia, al servizio delle multinazionali del crimine legalizzato, appiattisce la vita ed uccide il bello, la Nuova Scienza che ci parla dei valori (e non solo dei fatti), innalza lo spirito alle più alte vette, reinterpretando al lume delle nuove conoscenze, tutta quanta la cultura umana. Di conseguenza, non c'è nulla di più diverso dalla Scienza pura della tecnologia, serva del sistema; eppure nella scuola, si continua a parlare di “area scientifico-tecnica”; dobbiamo pensare che i “politicanti” del settore sconoscono la cultura contemporanea o dobbiamo credere invece che stanno regalandoci un “prossimo medioevo” che dovrà produrre in serie esseri umani decorticati?

Ognuno scelga le sue conclusioni, tenendo sempre presente, però, che non c’è più spazio per la metafisica, anche se ne rimane ancora per il misticismo; “mistico” è infatti cos’è il mondo, mentre “com’è” il mondo, riguarda la Scienza. Le Scienze Fisiche e Naturali hanno compiuto, dall’inizio del XX secolo ad oggi, progressi concettuali enormi, ed hanno riscoperto quello che i mistici di ogni tempo già intuitivamente conoscevano, cioè che l’Universo è armonioso come una “seguidilla castellana” ed intelligente e provvido nella sua “logica” intrinseca; altro che meccanico e ripetitivo! Se l’Universo non fosse altro che l’opera di leggi deterministiche, il futuro risulterebbe nient’altro che una manifestazione del presente; ma il mondo biologico sembra smentire questa concezione, visto che la storia evolutiva della vita sulla Terra è piena di momenti in cui sono state inventate nuove forme prima inesistenti.

Nei capitolo precedenti ci siamo soffermati a considerare i problemi relativi all’evoluzione biologica ed alla storia della vita, per cui invitiamo il lettore che avesse delle perplessità a rileggere attentamente tali capitoli. In Biologia, la “novità”, non contemplata dalla Fisica classica, è non solo possibile, ma anche normale; infatti, la darwiniana selezione naturale assieme ad altri processi assai meno noti, sceglie tra le novità rese disponibili dalle mutazioni ed il riassortimento individuale del patrimonio genetico, fa sì che non esistano in pratica (fatta eccezione per i gemelli monozigotici e per gli individui generati agamicamente), due esseri viventi assolutamente identici.

Ogni individuo che è venuto al mondo nel passato, che esiste attualmente o che esisterà nel futuro, di ognuna delle innumerevoli specie viventi, costituisce un vero e proprio Universo differente e come ognuno degli Universi possibili, è unico ed estremamente improbabile (le probabilità che il mio peculiare patrimonio genetico e l’assetto atomico-molecolare del mio fenotipo possano, in un lontano futuro, ritornare ad esistere dando luogo alla mia persona fisica e mentale, sono, senza dubbio alcuno, estremamente trascurabili). Ma, com'è possibile che processi singolarmente descritti completamente da leggi fisiche, possano creare cose che non esistevano in tempi precedenti? Per rispondere a questa domanda ed ad altre analoghe, si potrebbe postulare (come suggerisce il fisico Lee Smolin), che anche le stesse leggi della Fisica siano esse stesse il risultato di un processo di autorganizzazione e selezione naturale.

Se così fosse, se cioè le stesse leggi della Natura fossero il risultato di un gigantesco processo di selezione naturale darwiniana a livello cosmico (e se ciò, quindi dovesse essere evidenziato sperimentalmente), Darwin, il “genio dei geni", lo scopritore del principio fondamentale che permette l’esistenza di infiniti universi, nel ruolo di “antinewton”, ci avrebbe regalato la “chiave di volta” che ci permetterebbe di comprendere il mondo estremamente dinamico ed invettivo in cui viviamo e tale chiave universale si chiama, come sappiamo tutti, selezione naturale.

L’altro concetto portante su cui dobbiamo soffermarci è quello di autorganizzazione; l’Universo infatti è strutturato, dinamico e lontano dall’equilibrio termodinamico e la Fisica Quantistica ci permette di concepirne la struttura e l’informazione come oggetti reali. L’esistenza degli atomi, tra l’altro, ci consente di contare le cose del mondo e ciò significa che possiamo applicare la logica dei numeri naturali ai fenomeni fisici; di conseguenza è lecito applicare la logica e la teoria dell’informazione alle strutture che esistono in Natura e tali principi matematici conducono, come sappiamo, ad un Universo (il nostro), in cui le possibilità di variazione dei parametri fondamentali è ristrettissima.

Quindi, non abbiamo scelta; o l’Universo è stato”scelto” con questi parametri che sono i soli possibili (e quindi dovrebbe esistere una spiegazione per ciascuna delle infinite cifre dell’espansione decimale di ogni parametro) e, naturalmente, quest’ipotesi sta al di fuori di ogni possibilità di falsificazione scientifica, oppure l’Universo è autorganizzato da qualche processo storico-statistico, tipo la selezione naturale cosmologica e conseguentemente, non sarebbe necessario che ogni cifra dell’espansione decimale di ogni parametro risulti realmente significativa.

Il concetto di Sistema Critico Autorganizzato, potrebbe essere di grandissima importanza per la comprensione razionale dell’Universo; sappiamo infatti che i sistemi che esibiscono una struttura su ogni scala (come i frattali) si chiamano sistemi critici (infatti i sistemi critici producono spesso i frattali). I cristalli di ghiaccio ed i fiocchi di neve (per inciso, vale la pena di ricordare che, anche per i fiocchi di neve, non ve ne sono al mondo 2 assolutamente identici), sono così belli, perché hanno immagini caratteristiche su ogni scala.

Il concetto di bellezza (e qui siamo tentati di entrare nel campo della filosofia estetica), è legato certamente alla varietà e diversità di scale: un frattale è bello per questo motivo e così pure le varie gerarchie che un essere vivente, un paesaggio naturale o una melodia musicale possono esibire. Tutto l’Universo è un sistema critico in cui la struttura è distribuita su molte scale e ciò potrebbe essere il risultato di una transizione di fase (come il fiocco di neve che, com’è noto, si origina da una transizione di fase); allora, è possibile che non vi siano 2 universi identici come non vi sono 2 fiocchi di neve identici o 2 esseri viventi identici? Forse, le Scienze della Complessità potrebbero aiutarci a chiarire le radici di queste possibili analogie, forse, le belle configurazioni assunte dalle galassie si sono formate in modo analogo a quello che forma i fiocchi di neve.

La formazione di strutture su un’ampia gamma di scale è qualcosa che si può verificare solo in sistemi che si trovano molto lontani dall’equilibrio termodinamico, che, come sappiamo, conducono all’autorganizzazione, cioè ai sistemi critici autorganizzati.

Ho l’impressione che, difficilmente nei secoli a venire, la Scienza si libererà del concetto portante di “sistema critico autorganizzato” e che frattali, caos e complessità abbiano molto a che spartire, oltre che con la Matematica, anche con l’estetica, la Cosmologia e tutte le Scienze. Come abbiamo già detto, la nascita di un sistema critico autorganizzato si può verificare spontaneamente ed il processo di autorganizzazione è gerarchico (ad esempio, come nella Biosfera, nella quale vi sono differenti livelli gerarchici). I sistemi critici autorganizzati possono costituire la chiave per la spiegazione della formazione delle strutture nell’Universo, infatti, a differenza dei sistemi che tendono all’equilibrio, un sistema tenuto insieme dalla forza di gravità, tende, con il tempo, a diventare sempre più eterogeneo. Questi sistemi quindi, sviluppano la varietà e con il tempo, invece di avviarsi verso la morte termica, diventano sempre più interessanti. L'ordine e la regolarità che troviamo nel Cosmo, si sono instaurati attraverso un processo di autorganizzazione, grazie al quale il mondo si è evoluto fino a divenire un intricato intreccio di strutture. L’immagine dell’Universo in cui la vita, la varietà e la struttura sono accidenti improbabili, deve essere considerata come un relitto “fuori moda” della Scienza ottocentesca; infatti, secondo i dati in possesso degli scienziati di un secolo fa, con i valori dei parametri assegnati casualmente (cioè non scelti appositamente), v’è una probabilità enormemente piccola di ottenere, ad esempio, un Universo popolato di stelle.

La Fisica attuale, invece, tende alla comprensione del fatto che l’Universo può ospitare la vita (che, seguendo i canoni classici, abbiamo precedentemente definita il “fenomeno più improbabile del Cosmo”). La concezione platonizzante delle leggi naturali, intese come leggi matematiche ed eterne, va lasciando spazio oggi ad una visione in cui le leggi di Natura sono il risultato di un processo di evoluzione o autorganizzazione. Dopo Darwin, la complessità è divenuta un aspetto essenziale dell’organizzazione del mondo e più di un filosofo e di uno scienziato ha concepito l’idea di evoluzione come strumento per costruire una teoria cosmologica, in quanto le stesse leggi della Fisica possono essere intese come il risultato di un processo evolutivo. Bisogna allora riconsiderare le relazioni tra Fisica e Biologia, cioè tra Scienza fondamentale e Scienza derivata, tra l’essenziale e l’emergente e da tale riconsiderazione se ne potrebbe dedurre che sono invece i principi biologici, con la selezione naturale al primo posto, a determinare quelli della Fisica e non viceversa, fosse solo perché la coscienza emerge dalla Biologia ed è proprio la coscienza a determinare la “realtà” e quindi l’Universo.

I documenti paleontologici a nostra disposizione ci indicano chiaramente che la Biosfera si è fatta più organizzata e nel tempo, è aumentata la diversità specifica; siccome l’esistenza della vita è un dato di fatto, ciò vuol dire che devono esistere regioni nell’Universo, lontane dall’equilibrio termodinamico per tutti i miliardi di anni necessari all’emersione del fenomeno biologico (ma, allora, si potrebbe obbiettare, se non esistevano ancora esseri viventi e coscienti, quale coscienza condusse l’Universo intero fuori dall’indeterminazione quantistica?).

Il problema dell’esistenza della vita diventa centrale nell’evoluzione della Fisica del XX secolo, tanto che, personalmente, quando mi è stato possibile, ho preferito leggere libri di Biologia scritti da fisici piuttosto che da biologi. La Fisica Quantistica, infatti, ci fornisce un’opportunità di comprendere le nostre relazioni con il resto dell’Universo in modo da evitare sia l’errore aristotelico della nostra centralità assoluta, che quello newtoniano della nostra altrettanto assoluta estraneità. Se, per assurdo, il mondo diventasse newtoniano, per come viene insegnato a scuola ai nostri poveri ragazzi, in una frazione di secondo gli elettroni cadrebbero sui loro nuclei ed il Cosmo si autodistruggerebbe; di conseguenza, se ne deduce che il mondo è diametralmente opposto a quanto viene insegnato ai nostri alunni, anche in campo squisitamente scientifico (ovvero, presuntuosamente oggettivo). L’interpretazione del Cosmo della nuova Scienza contemporanea, è fondata invece su 4 pilastri culturali essenziali: A) Teorie della Relatività; B) Fisica Quantistica; C) Selezione Naturale; D) Teoria dei Sistemi Complessi Autorganizzati.

Con questi 4 formidabili strumenti si costruisce la Scienza Totale, che oltre a mostrarci i fenomeni del mondo, ci sa comunicare anche i valori che emergono da un Universo di bellezza, ragione e consapevolezza, sempre più assimilabile ad un “grande pensiero” piuttosto che ad una gigantesca macchina creatasi senza scopo alcuno. Nell’era della comunicazione e del “villaggio globale”, la corretta informazione scientifica è spesso disattesa e banalizzata, fino a divenire spesso luogo comune che, più che informare travisa e conduce a concezioni del tutto erronee; a livello popolare poi, la disinformazione, divenuta quasi folklore, ritratta le Scienze come un cumulo di assurdità ed i suoi operatori sono spesso assimilati ad una specie di setta segreta di “pazzi stravaganti”, che, per esempio, asseriscono che l’uomo discende dalle scimmie, il mondo si è formato per caso o “tutto è relativo” (manca, nell’estrema volgarizzazione della conoscenza scientifica, ogni riferimento a Bohr ed alla Teoria Quantistica ed il “pensiero complesso”, semplicemente non esiste).

Albert Einstein, forse l’uomo più “popolare” della Scienza contemporanea, è totalmente incompreso e travisato nel suo pensiero. Non mi riferisco soltanto agli stereotipi più assurdi che sono stati costruiti sull’immagine dell’illustre fisico, come quello di considerarlo un esempio di come un uomo di Scienza possa essere religioso e credente, ma soprattutto a come, la sua Teoria della Relatività sia stata degradata e snaturata dai mezzi di pubblica informazione. Com’è noto, infatti, la Relatività Ristretta o Speciale, è fondata sulla costanza della velocità della luce ”c”, in qualsiasi sistema di riferimento, in quanto il tempo e lo spazio sono relativi al sistema di riferimento in cui essi vengono misurati.

Esistono però delle formule di trasformazione (trasformazioni di Lorentz), che permettono di trasformare le misure effettuate in un sistema, nelle misure effettuate in un altro sistema. Se si ha a che fare con velocità molto piccole rispetto alla velocità della luce, le trasformazioni di Lorentz diventano esattamente quelle di Galileo; dato che la meccanica newtoniana si basa sulle trasformazioni di Galileo, ne consegue che la meccanica ”classica” è un’approssimazione della nuova meccanica ”einsteniana” quando le velocità in gioco sono molto piccole rispetto a quella della luce.

La Teoria della Relatività Ristretta di Einstein si chiama così, perché l’esimio scienziato riprese il principio di relatività di Galileo e lo adottò come primo postulato; ciò vuol dire che le leggi della Fisica hanno la stessa forma rispetto a qualsiasi sistema inerziale e la velocità della luce è costante, indipendentemente dalla direzione di propagazione e dello stato di moto della sorgente e dell’osservatore. Noi viviamo in un mondo non relativistico, proprio grazie al valore enorme che ha la velocità della luce! Così come il concetto di spazio e di tempo, anche quelli di massa ed energia vengono a fondersi nella Relatività; infatti, un corpo dotato di massa non può essere accelerato fino alla velocità della luce, in quanto, per fare ciò, occorrerebbe fornirgli una quantità di moto ed un’energia infinite, il che, ovviamente è assurdo. L’equivalenza massa-energia, ci porta a considerare la massa di un corpo come ”massa a riposo” e la massa stessa come “concentrazione di energia”.

Nel 1915, Einstein, propose un’altra teoria della Relatività che, tra l’altro, viene considerata il suo capolavoro: si tratta della relatività generale, con la quale Einstein volle estendere i principi di Relatività ai sistemi accelerati (la relatività Speciale presupponeva invece sistemi inerziali, a velocità costante) ed in questo contesto, ad esempio, le forze che accelerano il nostro corpo quando siamo, mettiamo il caso, in automobile che accelera, frena o curva, sono considerate in linea di principio, indistinguibili dalle forze gravitazionali.

Ciò ha delle conseguenze notevolissime, in quanto ne consegue che, essendo l’accelerazione una curvatura dello spazio-tempo, la gravitazione deve generare nient’altro che delle curvature nella geometria del cronotopo. La curvatura dello spazio-tempo che regola le leggi del moto, è determinata quindi dagli oggetti stessi e viene superato in tal modo il concetto classico di spazio e tempo assoluti, indipendenti dagli oggetti in essi contenuti. Ovviamente, è superfluo ricordarlo, le teorie einsteniane hanno ricevuto molteplici conferme sperimentali, grazie a parecchi studi cosmologici ed astronomici, ma vi sono anche altre conseguenze che invece ancora non si sono potute controllare.

Le Teorie Relativistiche einsteniane, è importante ribadirlo, non rappresentano affatto delle prove a sostegno del relativismo filosofico, anche se tale fraintendimento è molto comune; infatti, la banale affermazione: “tutto è relativo” è assolutamente falsa. Il relativismo filosofico che fu proprio dei sofisti e degli scettici (i quali sostenevano che non esiste una verità assoluta ma che ogni verità è invece relativa), non ha nulla a che fare con Einstein, anzi, se proprio vogliamo addentrarci in considerazioni di questo tipo, dovremmo dire che la relatività Ristretta confuta il relativismo filosofico in quanto individua: A) La validità assoluta delle leggi fisiche indipen-dentemente dalla relatività dell’osservatore; B) una grandezza fisica assoluta (velocità della luce); C) grandezze fisiche invarianti nonostante la relatività dell’osservatore. Quindi, la Teoria della Relatività, avrebbe potuto ben chiamarsi, nonostante tutto, “teoria dell’assolutezza”.

La Fisica Quantistica, il secondo grande pilastro della Scienza contemporanea, è fondata sul Principio d’Indeterminazione di Heisenberg, secondo cui, di ogni sistema, ci è permesso conoscere solo la metà dell’informazione, nonché sull’intercorrelazione della descrizione quantistica e sulla non località.

Della Selezione Naturale, ritengo aver trattato sufficientemente nei precedenti capitoli, ma, a questo punto, voglio sottolineare un aspetto che reputo interessante e non molto dibattuto dagli studiosi del ramo. In realtà, bisogna ammettere, che la selezione naturale opera secondo i principi della logica e della probabilità, che agiscono sui processi che riguardano molecole strutturate; si tratta quindi di una forma di “contare” e dato che il contare non è altro che logica, ne consegue che la logica (come la Matematica), dovrebbe essere tautologica e come ogni tautologia, non dovrebbe condurre a nulla di nuovo, in quanto, in una tautologia, non dovrebbe esserci alcuna informazione reale.

Quest’approccio filosofico al concetto di selezione naturale condurrebbe quindi al paradosso che la novità non esiste; l’uscita da tale vicolo cieco potrebbe essere la constatazione che, in realtà, la selezione naturale non “crea” il nuovo, ma semplicemente lo sceglie tra una vasta gamma di possibilità, evidenziate dal riassortimento del patrimonio genetico e dalle mutazioni, che, come sappiamo, rendono unico ed irripetibile ogni individuo. L’idea che la Logica e la Matematica siano tautologiche, deriva dal fatto che esse vengono viste come un sistema atemporale di relazioni, in cui ciò che è vero lo è “ab aeterno”; secondo quest’idea platonica della Matematica, che scaturisce evidentemente da un’interpretazione statica del mondo, incapace d’intendere processi che agiscono nel tempo per trasformare le strutture dell’Universo, la Matematica costituirebbe l’unica religione logicamente possibile e l’unica spiegazione del mondo si troverebbe fuori dal mondo e quindi dal tempo.

La selezione naturale, operando invece nel tempo, può essere sia spiegabile in termini logici, sia veramente capace di creare il nuovo. La Teoria dei Sistemi Complessi Autorganizzati è essenziale nella Scienza contemporanea, per tentare di spiegare perché, un Universo che all’inizio è semplice e simmetrico, finisce con lo sviluppare, in seguito, una grande complessità. Perché si sono sviluppate le strutture ed esiste qualcosa invece del “nulla”? Tutto quello che, fino ad oggi, abbiamo osservato e sperimentato è la “realtà”, lo stato normale delle cose o costituisce invece, in un certo senso, un’eccezione alla “vera “ realtà? Tutte le religioni e le filosofie hanno tentato di dare una risposta a questa domanda, il Buddha, ad esempio, a tal proposito si esprime così:” Nella ricerca della verità ci sono certe domande che non sono importanti.

Di quale materiale è costituito l’Universo? L’Universo è eterno? L’universo è limitato o no?…. Se un uomo volesse posporre la ricerca e la pratica dell’Illuminazione fino alla soluzione di questi problemi, morirebbe prima di trovare la via.” Ovviamente, io non sono d’accordo con tali riflessioni che sono certamente concause del ritardo scientifico dell’Oriente, anche perché, ritengo, l’illuminazione della quale Buddha riferisce è talmente vaga e indefinibile che, personalmente, preferisco trovare qualcosa di più modesto e concreto nella pratica della Scienza. Solo la conoscenza scientifica, infatti, può azzardare delle risposte, frammentarie e provvisorie per quanto possano essere, a queste domande esistenziali e da tali conoscenze apprendiamo, per esempio, che la materia visibile ordinaria costituisce lo 0,5% della realtà fisica dell’Universo; la materia ordinaria non luminosa ne costituisce il 3,5%, la materia oscura esotica il 26% e “l’energia oscura” il 70%.

Per chiarire questo nuovo concetto di “energia oscura”, bisogna dire che negli ultimi 5 anni, le osservazioni hanno convinto i cosmologi che la materia normale e quella oscura, combinate, corrispondono a meno della metà del contenuto dell'universo, il resto è costituito da una ubiquitaria “energia oscura” dotata di una proprietà non comune: infatti la sua gravità è repulsiva. A quanto pare, la gravità repulsiva sta avendo la meglio su quella attrattiva, per cui l’Universo sta accelerando la propria espansione, portandosi forse verso una nuova fase inflazionaria ed un futuro completamente diverso da quello che i cosmologi immaginavano. Infatti, nel 1998, due gruppi di ricercatori contemporanei, rivelarono un cambiamento nella velocità di espansione dell’Universo, per mezzo di misurazioni di supernove lontane e conclusero che l’espansione sta accelerando.

Tale aumento della velocità di espansione fa sì che l’età stimata del Cosmo sia in accordo con quella osservata dei corpi celesti (viene così risolto l’apparente paradosso secondo cui l’età dell’Universo risulta inferiore ai 12 miliardi di anni, mentre alcune stelle della nostra galassia sarebbero vecchie di 15 miliardi di anni). Da dove viene quest’energia oscura? Si tratta di qualcosa di analogo alla “costante cosmologica” di Einstein, da egli stesso definita in seguito, il più grave errore della sua carriera o bisogna invocare invece una “quintessenza”, un’altra forza fondamentale della Natura legata ad un campo quantistico dinamico dotato di gravità repulsiva? Oggi, comunque, la maggior parte dei fisici accetta la costante cosmologica o la “quintessenza” per spiegare i dati di fatto noti a tutti gli studiosi, ovvero, essenzialmente, che l’Universo si sta espandendo e raffreddando (conseguenza di un big bang avvenuto circa 15 miliardi di anni fa) e la maggior parte della sua massa consiste di materia oscura ed energia oscura. In conseguenza di ciò, dobbiamo prendere atto che la realtà materiale di cui noi stessi e tutte le cose che ci circondano siamo fatti, è l’eccezione minoritaria dell’Universo, un mondo particolare, costituito da una forma di energia e materia diverse da quelle che costituiscono la maggior parte delle realtà dell’Universo.

Inoltre, non possiamo più affermare con gli atomisti dell’antica Grecia né con i riduzionisti attuali (e di conseguenza non dobbiamo più insegnarlo ai nostri alunni), che atomi e particelle, provvisti di proprietà definite e costanti, costituiscono la realtà ultima a livello più fondamentale ed elementare, né che 4 (o 5) forze fondamentali (che tentiamo di unificare in GTU), assieme a quark e leptoni, sono gli ingredienti per la costruzione di quest’Universo. Non abbiamo assolutamente il diritto di fornire informazioni scientifiche errate a chi si accinge a costruirsi un’immagine del mondo adeguata alle attuali conoscenze disponibili, né possiamo continuare a plagiare intellettualmente le generazioni del ventunesimo secolo, propinando loro una Scienza decimononica con riferimenti culturali completamente anacronistici, costituiti da miti e filosofie antidiluviane! Una delle cause dell’evidente asintonia tra le “2 culture” di “snowiana” memoria è costituita dal fatto che, mentre la conoscenza scientifica è mutata radicalmente dall’inizio del novecento ad oggi, continuando a progredire a ritmi incredibilmente rapidi ed a fornirci nuovi modelli concettuali e nuovi valori, dall’altra parte, la cosiddetta “cultura umanistica”, non ha saputo indicare grosse novità culturali, continuando a rimestare, con il solito mestello, la solita “salsa” che fu il condimento intellettuale dei secoli passati, ma che oggi è diventata insipida ed inoltre acida!

Possiamo uscire da questa “dicotomia” intellettuale che rende schizofrenica la cultura contemporanea, utilizzando le nuove conquiste del pensiero che la conoscenza scientifica ci addita con tutta la forza del suo pensiero logico; Einstein, Bohr e Darwin devono costituire la triade su cui fondare non solo la nuova Scienza, ma anche la nuova filosofia, letteratura, musica, le nuovi arti plastiche e perfino la nuova o le nuove religioni. Le grandi rivoluzioni scientifiche sono spesso seguite da sconvolgimenti in campo filosofico e sociale; stranamente però, 4 delle più grandi rivoluzioni di tutti i tempi, cioè, quella evoluzionista, relativista, quantistica e quelle concernenti le Scienze del Caos e della Complessità, non hanno avuto nel panorama culturale generale, quella profonda influenza che hanno ottenuto nei campi prettamente scientifici.

Probabilmente queste teorie, cardine della Scienza contemporanea, non sono state abbastanza divulgate o forse non sono state divulgate correttamente a causa della loro complessità e profondità concettuale. Personalmente, ritengo che sarebbe necessario che l’istituzione scolastica fornisse ai suoi allievi gli strumenti intellettuali per orientarsi nella Scienza contemporanea che, come abbiamo visto, ha appena superato un punto di svolta cruciale per la storia dell’umanità, paragonabile per i suoi risvolti ecumenici alla caduta dell’impero romano o alla scoperta dell’America e che avrà profonde ripercussioni in tutti i settori della cultura umana. Dietro le molteplici frontiere dell’Universo che la Scienza adesso esplora alla luce di formidabili concezioni teoriche, si celano certamente i più profondi segreti della Natura, uno dei quali, tra i più importanti, è il concetto che la realtà elementare non è costituita da quark e leptoni, ma va ricercata almeno 18 potenze del dieci al di sotto di questi; infatti attualmente è possibile testare con gli acceleratori di particelle, distanze dell’ordine di 10-15cm (ovvero il diametro di un neutrone o di un protone), mentre la distanza di Planck scaturisce dal seguente rapporto: hG/ c3=10-33cm.

Gli acceleratori più potenti, oggi indagano le energie comprese tra 100 e 1000 GeV ed in quest’intervallo l’elettromagnetismo e l’interazione debole si unificano; ma, affinchè la forza di gravità possa essere unificata con le altre forze, è necessario scendere fino alla scala di Planck, che, come abbiamo detto, è separata dalla realtà particellare da almeno 18 potenze del dieci. Servendoci come unità di misura delle unità di Planck, analogamente la massa di Planck (ovvero la massa della particella elementare più massiccia possibile) è uguale a hc/G=1019 masse protoniche (e quindi la massa del protone è = 1019) e la costante cosmologica non supera10-60. La costante gravitazionale di Newton (G) è uno dei parametri del modello standard, il quale, come sappiamo, non spiega il perché dei valori precipui dei parametri trovati sperimentalmente; tale costante gravitazionale ha un valore piccolissimo, pari a 10-38.

Di conseguenza è lecito chiedersi perché la Natura è regolata in modo che una delle quantità chiave che reggono il suo funzionamento è vicinissima a zero ma non è zero? Sappiamo soltanto che il numero di atomi necessari a fare una stella, cresce con il decrescere della costante gravitazionale, quindi, le stelle sono così enormi proprio perché la costante gravitazionale è tanto piccola. Ma sappiamo anche che è la grandezza delle stelle che permette loro di bruciare tanto a lungo e vivere per miliardi di anni; ad esempio, se la forza gravitazionale fosse più forte di un fattore 10, la vita media di una stella passerebbe da 10 miliardi di anni a 10 milioni di anni e se aumentasse di una altro fattore 10, sarebbe soltanto di 10 mila anni. In questi casi, il tempo sarebbe troppo breve per la nucleosintesi degli elementi chimici essenziali per la formazione dei pianeti e della vita e conseguentemente, l’Universo sarebbe sterile.

Il parametro della costante gravitazionale,G=10-38, ha determinato inoltre il fatto che l’Universo sia potuto diventare molto grande e molto vecchio; se tale valore fosse maggiore di 10-40, ad esempio, l’Universo non sarebbe vissuto abbastanza da produrre le stelle. Qual è allora la probabilità che un Universo frutto di una scelta casuale dei parametri possa contenere le stelle, che costituiscono, come sappiamo, il presupposto indispensabile per l’origine degli elementi chimici che ritroviamo poi negli esseri viventi? Accurati calcoli ci dicono che ci sarebbe una probabilità su 10229 e ciò significa che il nostro Universo può essere stato scelto su 10229 Universi possibili. Ma come viene fuori questo “tremendo” numero, incubo degli atei, ovvero 10229? Cerchiamo di arrivarci usando calcoli elementari.

Abbiamo infatti visto che la durata della vita delle stelle dipende dal rapporto tra la massa del protone e la massa di Planck e tale rapporto deve essere inferiore ad un altro numero, cioè 10-19. La probabilità che ciò avvenga per puro caso è quindi di 1/1019; inoltre, affinchè esistano molti nuclei atomici, il neutrone deve avere all’incirca la stessa massa del protone, mentre l’elettrone deve essere circa mille volte più piccolo. Per amor di precisione, è necessario aggiungere che le masse dell’elettrone e del neutrone devono essere fissate con una accuratezza di circa 10-22 in unità di Planck. La stessa cosa accade con i neutroni, per cui, moltiplicando 10-22x3, otteniamo la probabilità di 10-66; tenendo conto della probabilità relativa alla massa del protone e quindi moltiplicando 10-19x 10-66, otteniamo una probabilità di 10-85. Introducendo il valore indispensabile della costante cosmologica, ovvero 10-60 e moltiplicando tale valore con il risultato prcedente, ovvero, effettuando 10-85X 10-60= 10-145 e ciò significa che abbiamo una probabilità su 10145. Introduciamo ora le interazioni non gravitazionali: l’interazione debole e quella elettromagnetica sono circa un centesimo di quella forte e quindi, 10-2 X10-2=10-4, che moltiplicato per 10-145 fa 10-149 e quindi una probabilità su 10149.

Adesso bisogna prendere in considerazione i raggi d’azione delle forze ed il rapporto tra il raggio dei nuclei atomici (cioè il raggio d’azione dell’interazione forte e dell’interazione debole) e quello dell’Universo, che è circa 10-40. Quindi, 10-40 X 10-40 = 10-80, che moltiplicato per 10-149 risulta 10-229. Conseguentemente, ciò significa che la probabilità che un mondo come il nostro, con stelle che splendono per miliardi di anni e con una Fisica Atomica e Nucleare come la nostra, sia venuto fuori da una scelta casuale dei parametri del Modello Standard, è di 1/10229. A meno di contestare (con cifre alla mano) questa Matematica, per non abbandonare il campo delle Scienze (affermando, per esempio che questo Universo è stato scelto e voluto), ci restano, a mio parere, poche possibilità, tra le quali 3 modi per spiegare il perché i parametri siano sintonizzati su valori tanto improbabili; ma, la cosa più importante che dobbiamo evidenziare da questa trattazione è che, prescindendo dalle Scienze Naturali, per la spiegazione del mondo e di noi stessi (che siamo parte integrante del mondo), si cade in una “prigione cognitiva”, costituita dalla metafisica, dalla retorica, dal sofisma e dalle varie teologie. Lo sviluppo attuale delle conoscenze scientifiche sull’origine di tutte le cose ci conduce quindi a 3 possibili spiegazioni sui valori precipui dei parametri: A) Principi Antropici, ovvero spiegazione delle cause con i loro effetti; B) Ammissione che esiste una sola teoria matematica coerente dell’Universo (dopo di che, possiamo anche chiudere le porte dei nostri laboratori per gettarci in grembo al misticismo); C) Ammettere la possibilità che i parametri possano mutare con l’andar del tempo secondo un processo ancora ignoto di selezione naturale cosmica (teoria di Lee Smolin).

Ho già accennato al fatto che la realtà particellare ed atomica non è la “realtà” essenziale dell’Universo: ma allora, da cosa sono costituite tutte le cose esistenti? Per tentare di dare una risposta a questa legittima domanda, dobbiamo ricordare che le proprietà delle particelle elementari debbono essere considerate conseguenze delle loro reciproche interazioni: gli stessi processi fisici che distinguono le particelle l’una dall’altra possono anche agire per trasformarle l’una nell’altra.

Tra questi processi ci dovrebbero essere quelli che trasformano i quark in elettroni e neutrini; se una cosa del genere accadesse realmente ad un quark all’interno di un protone, ne conseguirebbe la disintegrazione del protone, con la formazione di elettroni e neutrini e se ciò venisse provato, vorrebbe dire che almeno una delle teorie di grande unificazione è vera; comunque, fino ad oggi (2001), dobbiamo prendere atto che tali esperimenti sono stati un pressoché completo fallimento. In seguito a ciò, perciò, i fisici cominciarono ad avanzare proposte più radicali per cercare di superare il Modello Standard e la più interessante di queste proposte è la Teoria delle Stringhe, che cominciò ad essere studiata a partire dal 1984. L’atomismo ingenuo delle prime teorie dei quark venne superato dal concetto fondamentale che, alla fine del processo riduzionista, si trovano delle entità più fondamentali, le stringhe monodimensionali (il loro diametro è nullo ma hanno lunghezza non nulla).

Una stringa può esistere in diverse configurazioni e come una corda di chitarra flamenca, può vibrare in modi diversi, generando il “duende”, così le diverse vibrazioni delle stringhe, sono interpretabili come altrettante particelle elementari distinte. La lunghezza di una stringa deve essere uguale alla lunghezza di Planck (che, come già sappiamo, è 10-33 cm) e per rispettare la coerenza con la Meccanica Quantistica, lo spazio dovrebbe avere 25 dimensioni invece delle 3 spaziali + 1 temporale.

Negli anni 70 del XX secolo, fu gettato un ponte sull’abisso tra particelle e forze, in modo che entrambe venivano ad essere reinterpretate come manifestazioni distinte della stessa entità fondamentale. Tale unificazione fu chiamata”Supersimmetria” e si mostrò molto proficua nella Teoria delle Stringhe, perché riduceva il numero delle dimensioni da 25 a 9, delle quali 6 devono essere “arrotolate” in modo che il diametro dell’Universo lungo queste dimensioni non superi di molto la lunghezza di Planck. La Teoria delle Stringhe è Matematica del ventunesimo secolo che è capitata tra le mani dei fisici un secolo prima e parte della sua struttura matematica servirà per costruire quella teoria che necessariamente dovrà unificare la Teoria Quantistica con la Relatività e la Cosmologia.

Difficile però è risultato, fino ad oggi, trovare dei supporti sperimentali alla Teoria delle Stringhe e Superstringhe; vi sono, matematicamente parlando, decine di migliaia di modi diversi per avvolgere le 6 dimensioni in più e ciascun modo conduce ad un sistema di leggi coerenti. La gravità e le altre forze possono derivare dal moto delle stringhe, ma dato che la gravità è un aspetto della geometria dello spazio e del tempo, ciò significa che le stringhe non dovrebbero muoversi in uno spazio fissato, ma esse stesse (e questo è un concetto enormemente e terribilmente innovativo), dovrebbero formare lo spazio ed il tempo. Al di là di tutte le molteplici implicazioni fisiche e filosofiche di queste rivoluzionarie teorie, mi sembra che l’idea fondamentale della filosofia di Leibniz, cioè che le proprietà di un oggetto derivano dalle sue relazioni con le altre cose del mondo, risulti corroborata da questa nuova interpretazione scientifica della realtà, che si distacca alquanto dalla vecchia interpretazione newtoniana e meccanicistica dell’Universo.

La Fisica contemporanea considera le fantomatiche “particelle di Higgs” come legate alla “scala di Planck” e, come risulta da quanto già si è esposto, la scala relativa a queste particelle che permettono la “generazione” della materia, dovrebbe essere di 1015 masse protoniche (molto più vicina, quindi, alla “scala di Planck” che alla scala della Fisica). Inoltre, se effetti quantistici possono impedire la formazione di “singolarità” in cui il tempo cesserebbe di esistere o inizierebbe, il “big bang potrebbe essere il risultato di un “rimbalzo” avvenuto in un buco nero precedente, originatosi in qualche altra regione dello spazio e del tempo (tutto ciò, però, dipende da dettagli di una futura teoria quantistica della gravità). Il tempo, allora, si diramerebbe come un albero ed ogni buco nero sarebbe un germoglio da cui sboccia un nuovo Universo di momenti.

Le leggi della Fisica potrebbero cambiare nel corso di questi “rimbalzi” e noi potremmo essere capitati proprio nell’Universo adatto alla nostra esistenza. Come la selezione naturale in Biologia, ha condotto alla complessità organizzata, così la selezione naturale dei valori dei parametri nei molteplici Universi (ovvero nel Multiverso), ha permesso un Universo strutturato e complesso (il nostro); questa concezione ardita e rivoluzionaria si chiama Teoria della selezione naturale cosmologica. Tale teoria, come tutte le buone teorie scientifiche, permette di effettuare anche una previsione fondamentale, ovvero richiede che i valori dei parametri fisici fondamentali devono essere prossimi a quelli che massimizzano il numero dei buchi neri prodotti nel nostro Universo; di conseguenza, i parametri del “Modello Standard” avrebbero i valori che troviamo sperimentalmente perché tali valori rendono la produzione dei buchi neri assai più probabile che la maggior parte delle altre scelte (casuali) dei parametri (in ogni “rimbalzo”, come si è detto, avvengono piccoli e casuali cambiamenti dei parametri del Modello Standard).

Il valore precipuo delle costanti fisiche costituisce la condizione indispensabile per l’esistenza di quest’Universo particolare che è il nostro Universo, ma, a questo punto, dobbiamo necessariamente accennare ad un’altra costante poco nota ai non addetti ai lavori, denominata con la lettera greca , ovvero la costante di struttura fine. Si tratta di una combinazione adimensionale di 3 diverse costanti, la costante di Planck, la velocità della luce e la carica elettrica dell’elettrone ed il suo valore è di 1/137. La costante di struttura fine regola l’intensità delle forze elettromagnetiche e quindi il comportamento di tutta la materia che ci circonda. Un gruppo di fisici dell’University of South Wales, in Australia, sembra aver evidenziato sperimentalmente che, in effetti, la costante di struttura fine cambia debolmente nel tempo.

Se ciò venisse confermato, costituirebbe certamente un supporto sperimentale per l’ipotesi di Lee Smolin della selezione naturale cosmologica e le conseguenze teoriche di questa scoperta potrebbero essere sconvolgenti. Il concetto di scienza, ebbe praticamente origine quando il filosofo Talete, nel sesto secolo AC, si rese conto che i fenomeni naturali non avvengono arbitrariamente e quindi possono essere compresi e previsti razionalmente, ma la Scienza moderna risale a circa 4 secoli fa con Galileo e si fonda su almeno 3 presupposti filosofici: A) Esiste un mondo oggettivo, materiale, indipendente da ogni osservatore cosciente; B) La realtà esterna è retta da leggi naturali immutabili; C) Le leggi fisiche sono oggettive, ovvero, se esistessero nell’Universo altri esseri intelligenti, essi arriverebbero alla nostra stessa Scienza.

A questi 3 presupposti, possiamo aggiungerne un altro, quello dell’estrema improbabilità del fenomeno biologico, per cui, se scoprissimo in qualche angolo del cosmo, altre forme viventi, non potremmo se non rivedere ed emendare buona parte del nostro bagaglio di conoscenze scientifiche. La Scienza moderna nacque (e non poteva se non essere così, considerando lo strapotere delle teologie ed il condizionamento del pensiero greco), in una cornice meccanicistica ed in effetti, nessuno lo nega, entro certi limiti, la Natura si comporta come un gigantesco meccanismo.

La Scienza contemporanea, nata all’inizio del secolo XX e fondata come abbiamo visto sui 4 pilastri portanti costituiti dalla Relatività, Fisica Quantistica, Selezione naturale darwiniana e Teorie dei sistemi complessi organizzati, ci conduce invece a ben altre considerazioni, in quanto, da tali campi d’indagine scientifica è emerso che il “background” del nostro intero patrimonio culturale (dalla quale la Scienza galileiana e newtoniana è emersa), è in gran parte costituito da “miti” e leggende più o meno folcloristiche, diverse peraltro nelle varie culture umane e quindi non condivise da tutta l’umanità. La Fisica Quantistica, che è una delle teorie più eleganti e fruttuose messa alla prova da esperimenti precisi che l’hanno sempre suffragata e sulle cui fondamenta teoriche sono basate tecnologie d’avanguardia (quali computer, laser, eccetera), c’insegna che la “realtà” è questa e non un’altra, perché noi osservatori la costruiamo così quando osserviamo e misuriamo.

Si è già accennato alla non separabilità tra soggetto ed oggetto, tra osservatore ed osservato, nonché alla “non località” evidenziata sperimentalmente dalle esperienze di Alain Aspect e sappiamo quindi che, da queste acquisizioni sperimentali ne conseguono profonde e radicali implicazioni filosofiche che cambiano completamente la nostra visione del mondo e della “realtà”. Questa realtà (materia, energia e tutto ciò che è misurabile), prima della misura, si trova in uno stato fisico che è una sovrapposizione di tutti gli stati possibili; quando, invece noi effettuiamo la misurazione, distruggiamo necessariamente questo stato indifferenziato e creiamo uno “stato ridotto” (collasso della funzione d’onda), più povero. In sostanza, osservando e misurando, creiamo la realtà come essa ci appare e questa constatazione manda in frantumi quella che abbiamo chiamato: “concezione A”, secondo cui esiste un mondo oggettivo indipendente da ogni osservatore cosciente. Inoltre, la recente scoperta di un possibile cambiamento nel tempo della costante di struttura fine, se confermata, farebbe crollare il “caposaldo B” e, mutati il primo ed il secondo caposaldo, anche il terzo, ovvero quello dell’esistenza di leggi fisiche oggettive, diventa poco consistente (non dimentichiamo che le leggi fisiche sono leggi statistiche, conseguenze di probabilità).

Ma allora, chi crea la realtà dell’Universo nella sua interezza? Gli scienziati sono, ovviamente restii ad ipotizzare una “coscienza” al di fuori dell’universo che determini il collasso della funzione d’onda cosmica, per cui a tale domanda si può rispondere in, almeno, 2 modi diversi: o ipotizzando che tutti gli Universi possibili sono in atto, o, come sostiene J. Wheeler (allievo di Bohr e maestro di Feynman), ipotizzando che la coscienza attuale determini ora l’Universo, per cui, tutta la sua storia passata, dal Big-Bang all’inflazione, alla formazione delle stelle, delle galassie, della vita e della vita intelligente, sarebbe solo una storia virtuale, in quanto, in tutto questo periodo, l’Universo sarebbe rimasto in uno stato indifferenziato (ma l’uso di una forma temporale è improprio) e sostanzialmente inconoscibile (evidente analogia con il “Kaos” della mitologia greca), finché l’apparizione della coscienza determinò il collasso della funzione d’onda. Quindi, secondo questa concezione, l’Universo ha prodotto la coscienza che a sua volta ha determinato l’Universo: lo stesso principio di causalità ne esce sconvolto, in quanto, è stato dimostrato sperimentalmente (con un esperimento proposto dallo stesso Wheeler), che è possibile una riduzione ritardata della funzione d’onda, ovvero è possibile determinare il passato dopo che questo è (apparentemente) accaduto.

La coscienza quindi, è entrata prepotentemente entro i confini della Scienza contemporanea e questo ulteriore passo è stato agevolato dalla ricerca iniziata 30 anni fa sull’intelligenza artificiale. Secondo questi studi, la mente e quindi l’intelligenza, sarebbero il frutto di un “software”, di un programma abbastanza complesso che “gira” su un “hardware” rappresentato dal cervello. La coscienza sarebbe una proprietà emergente, non identificabile in singole parti dell’apparato/programma e tale concezione rappresenta la visione olistica che supera quella riduzionistica tradizionale di meccanicistico conio.

La nuova Scienza della coscienza è stata fondata da Francis Crick (uno dei 2 scopritori del D.N.A) e dal neurologo C. Koch, che nel 1990 proclamarono sul: “Seminars in the Neurosciences” che era tempo di fare della coscienza un argomento d’indagine scientifica.

L’evento fondatore ed il luogo natale della nuova Scienza fu costituito da una manifestazione/raduno “new age” a Tucson (Arizona), nell’aprile 1999, conseguente ad un convegno organizzato dall’Università dell’Arizona sul tema: “Verso una base scientifica della coscienza”. Da oltre 30 anni, il lavoro filosofico di John Searle è caratterizzato dall’ambizioso progetto di elaborare una teoria generale della mente e del linguaggio; infatti, nel 1997, questo studioso pubblicò un libro dal titolo suggestivo: “The mystery of consciousness”, confermandosi come Autore provocatorio ed originale. Egli, infatti attaccò la teoria oggi dominante, secondo cui il pensiero umano è un processo di elaborazione dell’informazione e con essa anche l’intelligenza artificiale ed i tentativi di riproduzione meccanica della mente umana. Secondo Searle, per capire la mente, è necessario superare le teorie computazionali ed il dualismo da esse implicato; l’individuazione dei meccanismi cerebrali che danno vita alla coscienza costituisce un momento essenziale verso una spiegazione del fenomeno, ma non è ancora la spiegazione stessa, in quanto nemmeno la Neurobiologia riesce a chiarire il meccanismo causale che permette ad uno stato cerebrale di produrre le esperienze soggettive.

Per Searle è possibile giungere ad una spiegazione scientifica della coscienza e della mente perseguendo un “naturalismo biologico”, ma, senza alcun dubbio, resta moltissima strada da fare e ci aspettano senz’altro delle scoperte entusiasmanti. La Teoria dei Sistemi Complessi Autorganizzati, generata dalle teorie del Caos e della Complessità, risulta indispensabile per lo studio della coscienza e della mente, così come per intendere l’autorganizzazione dell’Universo e della vita. Caos è il nome che indica un peculiare pre-progetto del mondo nella sua totalità e la latente ed insoggiogabile ricchezza del divenire e dello scorrere delle cose del mondo nella loro totalità. Abbiamo già ricordato (ma “repetita juvant”) che i sistemi caotici sono fondamentalmente instabili e quindi, piccoli scarti iniziali assolutamente imprevedibili, conducono rapidamente a grandi deviazioni; conseguentemente, per intendere i sistemi caotici (che non sono deterministici), è indispensabile sostituire il pensiero deterministico (che ha dominato nella Scienza almeno fin dai tempi di Galileo), con quello stocastico. Un modello (e la modellizzazione è alla base della Scienza) è stocastico se, ad un certo istante, per esempio, fa lanciare dei dadi da qualcuno ed utilizza i risultati ottenuti. Infatti, nella Fisica contemporanea, si calcolano delle probabilità, come (per citarne alcune), la probabilità per un elettrone di passare da un orbitale atomico ad un altro, o la probabilità per un nucleo di disintegrarsi, oppure la probabilità per il vuoto di generare una coppia particella/antiparticella.

Quanto a sapere se il fenomeno si produrrà effettivamente, se il tale elettrone cambierà di livello energetico, se il tal nucleo si disintegrerà o se si vedrà apparire un positrone nel tal posto, non se ne sa niente, perché i fatti dipendono da una specie di estrazione a sorte a cui il fisico non ha accesso. Questo è appunto il prototipo di un “modello stocastico” e tale modello turbò molto Einstein, il quale, giustamente si domandava chi lanciasse i “dadi cosmici” se, come credeva, Dio non gioca a dadi. In un modello deterministico, invece, l’evoluzione del sistema è completamente determinata dal suo stato attuale; se l’Universo fosse deterministico, ovvero newtoniano, tutto sarebbe determinato fin dal principio e non ci potrebbe essere quindi alcuna novità nel senso “darwiniano” del termine.

La Teoria del Caos ci libera da questa cappa soffocante, da questa concezione invalidante di un Universo in cui non accade nulla di nuovo e la visione che essa ci propone è anzi completamente diversa, ispirata dall’attrattore di Lorenz. I fisici conoscono, dai tempi di Poincarè, gli attrattori, che sono punti, numeri, curve, solidi, che “attraggono” un certo fenomeno. L’attrattore del pendolo, ad esempio, alla fine delle sue oscillazioni, è il punto più basso in cui si ferma; un attrattore è strano quando è come un frattale, in uno spazio che non è né piano né tridimensionale, ma una via di mezzo.

Tutti gli stati teoricamente possibili dell’Universo, in pratica, non sono realizzabili e gli stati naturali che possono apparire nel corso dell’evoluzione dell’Universo, devono avere proprietà molto particolari. Le leggi fisiche appaiono in questo modo: sono degli insiemi di relazioni che caratterizzano gli stati naturali tra tutti gli stati possibili. Anche se un sistema è confinato sul suo attrattore strano, il suo moto sull’attrattore è incalcolabile è questo dosaggio sapiente ed ammirevole di necessità e caso, risolve, in un colpo solo, l’esercito dei falsi problemi concernenti la libertà umana in un Universo deterministico (o presunto tale).

Nel nostro Universo fisico, dai più grandi oggetti in esso contenuti (buchi neri, galassie), ai quark, bisogna scendere di 42 potenze di dieci e non c’è modo migliore di questo per constatare la “piccolezza” del Cosmo e l’approssimazione di ogni misura fisica. Al contrario, in Matematica, la precisione è illimitata; ad esempio, il numero , che misura il rapporto tra ogni circonferenza ed il suo rispettivo diametro, ha un numero infinito di decimali; per un matematico un numero può avere un’infinità di decimali, mentre per un fisico non è molto importante che ne abbia più di 42. Le operazioni matematiche che una macchina di Turing (che è l’essenza di ogni computer, in quanto nessun computer reale possiede una capacità maggiore di risolvere problemi) non può compiere in un tempo finito, vengono chiamate non computabili e noi non sappiamo, in pratica, se la Natura contenga oggetti non computabili nel suo tessuto. Infatti, come abbiamo già accennato, non sappiamo, ad esempio, se la coscienza e la mente umana implicano operazioni non computabili (che non si riuscirà perciò mai a riprodurre con una I.A), inoltre la Teoria Quantistica suggerisce la possibilità che le leggi naturali contengano elementi d’incomputabilità. Ancora, il mondo potrebbe anche abbondare di funzioni computabili, ma alcune di queste potrebbero essere di una tale profondità e complessità da risultare, in pratica, incomputabili.

La Scienza contemporanea, con i Teoremi di Godel ed il Principio d’indeterminazione di Heisenberg ci esplicita addirittura i limiti della conoscibilità; ci consola però il fatto che la Matematica descriva così bene la Natura, in quanto ciò deve essere prova che, almeno le operazioni matematiche più semplici ed altre più complicate, sono funzioni computabili. Le nostre facoltà mentali, che hanno edificato la Matematica e le Scienze Naturali, sono il risultato di un processo di selezione naturale, il quale deve scegliere quelle rappresentazioni del mondo che sono più fedeli alla “vera” natura del mondo esterno; possiamo, perciò aver certezza dell’esistenza di un “ordine implicito” reale ed aver fiducia nella Scienza, in quanto, se la nostra mente avesse modellato rappresentazioni del mondo devianti, tali rappresentazioni avrebbero causato certamente una profonda penalizzazione che avrebbe condotto all’estinzione della specie (ovviamente, tutto ciò non è valido per gli aspetti più astrusi della Cosmologia o della Fisica fondamentale, le cui concezioni altamente teoriche, non hanno alcun ruolo nel processo evolutivo).

Ritornando ai Sistemi Caotici, non possiamo dimenticare che essi costituiscono uno “zoom” che ci consente di attraversare tutto l’Universo in 42 tappe: si tratta di un vero meccanismo d’ingrandimento che amplifica gli scarti iniziali anche piccolissimi. Infatti, se la distanza tra 2 traiettorie vale “d” alla partenza, dopo un certo tempo “T”, caratteristico del sistema, esso diventa 10d e questi scarti si amplificano secondo le regole della crescita esponenziale (allo scadere di 2T, 3T, 6T, diventano rispettivamente 100d, 1000d, eccetera). Boscovich, ben prima di Boltzmann, aveva colto il fatto che una delle implicazioni del determinismo della Fisica newtoniana è che ogni configurazione del mondo deve ripresentarsi in un qualche istante dell'infinità del tempo; in questa immagine, immortalata da Friederich Nietzsche nella sua concezione dell’eterno ritorno, la nostra stessa vita manca di ogni significato, sia perché non è altro che un’evasione temporanea dalla normalità dell’equilibrio della morte, sia perché non ha nemmeno la dignità dell’essere unico ed irripetibile.

Il fallimento della Fisica newtoniana, l’avvento di Darwin, la Teoria dei Sistemi Complessi e la Teoria di “Gaia” di Margulis-Lovelock, restituisce all’umanità la gioia della vita, il culto della novità, e la consolazione della speranza, permettendo l’accesso a nuovi orizzonti culturali in ogni campo dello scibile. Esprimendoci con le parole di Einstein, dobbiamo dire quindi che con la Nuova Scienza, “il mondo cessa di essere il palcoscenico delle nostre speranze e dei nostri desideri, per divenire l’oggetto della libera curiosità e della contemplazione, dove iniziano l’arte e la Scienza”.

Ciò che accomuna questi 2 mondi è l’aspirazione a qualcosa di non arbitrario ed Universale; Picasso definì l’arte “una bugia che ci aiuta a conoscere la verità”, ma se la “verità” scientifica ci indica il caos come situazione di genesi e di persistenza dell’esistente, l’arte non può che essere caotica, anche attraverso la definizione di un modello teorico-operativo e l’invenzione di un linguaggio coerente e consapevole. Infatti, i frattali sono stati fonte d’ispirazione per svariati pittori contemporanei, che nella frattalità hanno intravisto il volto della Natura, la forma del Cosmo e le svariate dimensioni dell’esistenza. La conoscenza scientifica ha senso solo se il mondo ha una spiegazione completamente razionale e tale spiegazione è coerente con il principio leibniziano di ragion sufficiente; dato che, come abbiamo visto, la nuova concezione dell’Universo e della vita si basa sulla triade configurazione, struttura ed informazione, la cultura contemporanea si ancora sul concetto portante della nuova Scienza, cioè sul fatto che il mondo è costituito da una rete di relazioni, per cui la verità completa sul mondo non può essere compendiata da un unico punto di vista, ma invece risiede nella totalità di molte e diverse concezioni.

Per rispondere alle domande esistenziali che l’uomo da sempre si è posto e per poter quindi dare un senso alla propria vita, la conoscenza scientifica (quella vera, non quella propinata dalle istituzioni scolastiche), è indispensabile, altrimenti, in sua assenza, si ricade nella metafisica e nell’irrazionalismo; a tal proposito ricordiamo Francisco de Goya y Lucientes il quale affermò che il sonno della ragione genera mostri, i mostri che tutti gli uomini che ricordano un po’ di storia conoscono bene, ovvero l’intolleranza, il razzismo, lo spirito di crociata, il confessionale, l’autoritarismo, le droghe (fisiche e mentali), l’odio (o l’indifferenza) per il nuovo, per il diverso e la diversità (bio ed etnica), per la Scienza.

Dato che le scuole non forniscono i presupposti concettuali per il superamento della concezione “tradizionale” del mondo e se è vero, com’è stato fino ad oggi che le politiche religiose spingono al fanatismo ed all’intolleranza, allora soltanto la Scienza e l’atteggiamento di umile e perenne ricerca del nuovo, del bello e dell’essenziale può guidare lo spirito umano a fuoriuscire dai pantani del ristagno intellettuale e dai marasmi metafisici. Il superamento del dualismo cartesiano spirito/materia, a favore di una visione globale, olistica della realtà, ha condotto anche ad un’interpretazione della conoscenza scientifica come fabbrica di valori (non di certezze dogmatiche), i quali si generano dalla quotidiana selezione naturale delle idee, processo che orienta lo sviluppo morale, ideale e civile della società umana.

Dove il senso della ricerca e la predisposizione alla conoscenza mancano o non sono accessibili per vari motivi, lì la vetusta “cultura” autoritaria e prevaricatrice, recluta i propri adepti, coltivandoli quotidianamente nelle ignobili arti del pregiudizio e della mistificazione, trasformandoli così in soldati e/o predicatori. Bisogna quindi forgiare l’uomo nuovo che, alla luce dei 4 pilastri su cui si edifica la conoscenza scientifica attuale, si ritroverà non più in antitesi con l’Universo e con la vita, ma anzi in armonia con il Cosmo intelligente che lo ha generato e ne garantisce il suo divenire. In questo nuovo Cosmo, scoprendo (o riscoprendo) che il mondo è bello, vario ed ospitale, l’uomo ritrova la speranza ed il piacere di vivere (non di suicidarsi con i miasmi pestilenziali esalati dalle famigerate fabbriche dell’imprenditore/papà che inganna tutti per impinguare il suo portafogli) ed in tale nuova dimensione culturale, rifioriranno, su basi nuove, le arti e le Scienze e sorgeranno nuove concezioni religiose.

Il carbonio ed i composti organici, oltre che essenziali per la genesi della vita, sono necessari per i processi che l’Universo utilizza per fabbricare le stelle e la coscienza, frutto dell’attività biologica, è indispensabile per la determinazione della realtà dell’Universo. In questa ottica, la vita non è più il “fenomeno più improbabile del Cosmo”, il Cosmo stesso invece è il “crogiolo” della vita, l’imprescindibile matrice primordiale che, con la vita cosciente, ha permesso di determinare la sua stessa esistenza. La scoperta che la vita sulla Terra costituisce un sistema interconnesso, è, come ho già ribadito, una delle più grandi scoperte della Scienza; infatti, mentre l’immagine di una Terra posta nel mezzo di un Universo ostile e meccanico ha orientato verso il pessimismo le arti e la filosofia, la nuova concezione scientifica a cui siamo pervenuti, non può che infondere negli animi umani coraggio, fiducia ed atteggiamenti positivi verso la vita e l’esistenza.

La stabilità delle condizioni della Biosfera è impressionante e tale stabilità omeostasica costituisce una forte argomentazione a sostegno della teoria della Terra come “pianeta vivente” e della Biosfera come sistema complesso autorganizzato. Mentre le singole specie si evolvono secondo i meccanismi darwiniani (ed, ovviamente, altri che sono stati scoperti più recentemente), l’intero sistema della Biosfera è il risultato della cooperazione piuttosto che della mera, competitiva “struggle for life”.

La separazione platonica e cartesiana dello spirito dalla materia, ha causato la cronica schizofrenia della civiltà occidentale, nonché la separazione della Scienza dalla poesia, che , invece, per essere praticate proficuamente, presuppongono sottigliezza e capacità di apprezzare la complessità. Darwin ci ha fornito la chiave per accedere ad un mondo in cui il verificarsi del nuovo, l’originalità e l’unicità, possono finalmente essere compresi; la vita è “leggera” come la luce, essendo costituita da configurazione, struttura ed informazione e noi ne apprezziamo la diversità, la genialità delle soluzioni trovate per la sopravvivenza e la stupefacente bellezza, anche, semplicemente, passeggiando in una foresta tropicale, o ammirando delle collezioni naturalistiche. Le idee teoriche che stanno alla base del processo di fabbricazione dei modelli scientifici, sono (come diceva Einstein), libere invenzioni della mente umana e, come tali, non diverse dalle intuizioni estetiche e dai capolavori artistici. Il nostro spirito e la nostra stessa esistenza sono comprensibili solo se riconosciamo che essi sono stati prodotti dalla Natura, per cui non sono assolutamente estranei ed opposti alla Natura.

Tale concezione olistica, ci offre la possibilità di costruire una cosmologia scientifica che costituisce una vera e propria panacea, utile per sbarazzarci, una volta per tutte, del dualismo schizofrenico che si nasconde dietro il “mito platonico”, origine naturale del nichilismo e dell’alienazione, che hanno tristemente accompagnato la nostra società. In altri termini, per recepire il senso dell’enorme ed importantissima rivoluzione in corso nella Scienza contemporanea, dobbiamo ricordare che non esiste dualismo tra spirito e materia, mente e cervello, software ed hardware, invece, anche la nostra mente e la nostra coscienza fanno parte della realtà naturale dell’Universo e, come c’insegna la Fisica contemporanea, la coscienza (e quindi la Biologia) è quel “quid” che determina la “realtà” dell’Universo stesso, il cui comportamento è “classico” se risultano completamente trascurabili i valori della costante di Planck, h, e della velocità della luce, c, mentre, nel caso che tali costanti acquistino rilevanza, l’interpretazione del mondo diventa necessariamente quantistica e basata su principi stocastici. Infatti, ad esempio, mentre un singolo elettrone non può essere definito nella sua velocità e posizione attraverso l’uso della meccanica classica, i segnali che compongono gli 0 ed 1 dei computers, formati ciascuno da circa 1012 elettroni (un bilione di elettroni), seguono il mondo deterministico, per cui possiamo essere totalmente sicuri che, poniamo ad esempio, la lettera “a” visualizzata nel monitor del nostro PC, non si trasformerà in una zeta.

Dobbiamo però sempre tener presente che, in pratica, non sappiamo quando, con assoluta precisione, termina il mondo statistico ed inizia quello deterministico della nostra esperienza empirica; la mente e la coscienza, potrebbero (come sembra dagli studi più recenti), essere decifrabili con i principi quantistici. Quindi, mentre per lo studio dei fenomeni del Macrocosmo, che contemplano basse velocità rispetto a “c” è sufficiente la Fisica di Newton, non altrettanto si può affermare per il Microcosmo a velocità relativistiche.

Il fallimento del meccanicismo, come spiegazione “profonda” della Natura, non significa assolutamente che tutta la Scienza fatta prima del 1927, data di nascita del Principio d’Indeterminazione di Heisenberg, è inutile, vuol dire soltanto che il determinismo, con il principio di causalità alla base di esso (risalente, dal punto di vista filosofico a Leucippo e Democrito), si è dimostrato insufficiente per spiegare fatti e fenomeni che avvengono ad un livello di realtà oggi accessibile ma totalmente impercepibile per gli studiosi dei secoli passati. Leggi semplici stanno alla base di livelli di complessità di un mondo complesso e, dato che risulta impossibile applicare soltanto le leggi valide ad un livello inferiore per spiegarne uno immediatamente superiore, ciò significa che non esistono “principi” più fondamentali di altri e conseguentemente non esistono Scienze più fondamentali di altre. Ma, se è la conoscenza (dell’uomo e/o, eventualmente, di altri esseri intelligenti) a far emergere il mondo dall’indeterminazione degli stati quantistici in cui si trova in assenza di un osservatore esterno cosciente, allora, la coscienza (generata dall’evoluzione biologica), è la realtà primigenia che “crea” la realtà e così cade il principio di oggettivazione che, tradizionalmente da millenni nella cultura occidentale, ha operato la distinzione tra il soggetto e l’oggetto, tra l’osservatore e l’osservato, tra mondo interiore e quello esteriore, tra spirito e materia. Se è vero, come sembra, che, alla radice di tutte le cose ci sta il “Campo Unificato”, è incontestabile che è stata la Biologia ad unificare tale campo, così com’è vero che, come si è detto, il Campo Unificato è stato contemporaneamente causa ed effetto della Biologia.

Siamo arrivati, con questi profondi ed essenziali concetti, a percepire (credo, o almeno spero), il “Duende” profondo della Scienza” contemporanea, che è una Scienza dei “fatti” e dei “valori”, una Scienza che vuol comprendere ciò che è più prezioso ed essenziale nel nostro Universo, ovvero la vita, la biodiversità, il pensiero, la coscienza e che ha abbandonato il determinismo delle verità eterne, adottando un pensiero stocastico e complesso più flessibile ed adeguato all’analisi di un mondo dinamico ed innovativo. In tale cornice intellettuale, tutte le conoscenze umane, di qualsiasi matrice ed ispirazione, devono necessariamente rinnovarsi e trovare quella “consilience” vagheggiata nel diciannovesimo secolo dal filosofo della Scienza britannico William Whewell e riportata recentemente alla ribalta dal grande entomologo Edward O. Wilson; tutta la conoscenza umana può quindi essere resa convergente ed i catalizzatori di questo processo irreversibile sono le discipline scientifiche.

Una svolta tanto radicale e profonda nel pensiero umano, probabilmente non si è mai verificata e, si badi bene, mi piace ribadirlo ancora, questa rivoluzione non riguarda soltanto l’area scientifica, ma investe tutti i settori della cultura e delle attività umane, anche se il grande pubblico (includendo anche le persone colte non specifiche del mondo della Scienza) continuano ad adoperare concetti totalmente obsoleti generati da una concezione scientifica classica che, come sappiamo, è praticamente l’unica concezione ad essere superficialmente trattata nell’ordinamento scolastico vigente in moltissimi stati del mondo.

La Scienza si è completamente rinnovata nel corso del XX secolo ed ha convogliato lo spirito d’innovazione su tutti gli altri campi dello scibile, che invece erano rimasti in notevole ritardo rispetto all’impetuoso, vigoroso e dirompente progresso scientifico; questo dato di fatto, incontestabile, contribuisce notevolmente ad alimentare l’equivoco della sostanziale differenza tra le “2 culture”, quella “umanistica” dei valori e quella “scientifica” dei fatti. I valori del nuovo mondo che si fonda sulle acquisizioni della Scienza contemporanea, figlia di Einstein, Bohr, Darwin, ma anche di Poincarè, Godel, Mandelbrot, Prigogyne, Lovelock ed innumerevoli altri, sono estremamente rivoluzionari e risultano pericolosi per i detentori del potere economico-politico; anzi, forse proprio per questo motivo la Nuova Scienza è totalmente assente nella Scuola e le nuove generazioni sono costrette a scoprire questi grandi valori prima che le “dabbenaggini” propinate dal sistema scolastico avvelenino irrime-diabilmente i neuroni del loro cervello. Se i giovani scopriranno i tesori intellettuali delle Scienze, la “qualità” dell’umanità non potrà che migliorare e quando tale quantità perverrà all’uno per cento della popolazione attiva, potrà forse concretizzarsi quell’effetto Maharishi, ovvero quella “transizione di fase” che renderà (speriamo), la specie umana finalmente libera dalle “imposture intellettuali” che, nel passato, hanno generato l’intolleranza, il razzismo e l’olocausto.

Ho già accennato al fatto che, nella Scienza contemporanea, il pensiero complesso tende a sostituire quello semplice e semplicistico, interprete del mondo lineare; a tal proposito, il “paradosso di Niels Bohr” mi sembra molto pertinente per sottolineare l’aspetto interattivo che connette il singolo evento con altri eventi sincroni. Infatti, le interazioni che, ad esempio, tengono in vita un cane, sono interazioni che non possono essere studiate “in vivo”, con il metodo della scomposizione dell’organismo nelle sue parti minime costituenti; risulta evidente, che, adoperando i metodi riduzionistici di analisi, se si volesse studiare correttamente tali interazioni, bisognerebbe uccidere il cane e facendo ciò, al massimo, si potrebbe studiare solo il suo cadavere, ma non il suo aspetto essenziale di essere vivente.

La Scienza riduzionistica, che tanti progressi ha permesso all’umanità, non è in grado di spiegare la vita, che è un fenomeno di elevata complessità, né può dirci granché dei livelli più elementari della Natura (Fisica delle particelle) o dell’Universo nella sua totalità. Escludendo il principio riduzionista, che ammette la possibilità di conoscere il tutto attraverso l’analisi delle sue parti costituenti, non c’è che prendere atto delle difficoltà oggettive di applicazione del principio olistico, che ignora le parti per comprendere il tutto come un uno. Costruire una Scienza olistica non è facile ed in tale ambito, sicuramente, il riduzionismo deve continuare ad esercitare il ruolo opportuno di competenza.

La Biologia, però, ci evidenzia un altro principio noto come “principio ologrammatico”, indispensabile per una corretta interpretazione moderna dell’informazione biologica. Come sappiamo, infatti, ogni cellula possiede in se il codice genetico di tutto l’organismo, quindi, almeno in ambito biologico, per conoscere una parte occorre conoscere il tutto e per conoscere il tutto occorre conoscere le sue parti costituenti ; ciò significa, a mio parere, che riduzionismo ed olismo sono complementari per la corretta prassi della ricerca scientifica. Secondo il principio ologrammatico ogni evento interagisce con l’intero Universo modificandone l’evoluzione, di conseguenza, per descrivere gli eventi complessi, sorge il bisogno di una “Matematica della Complessità”, che si fonda, come sappiamo già, sulle equazioni non lineari (sono equazioni in cui almeno una delle loro variabili è elevata al quadrato o a potenze superiori) e sulla Geometria dei Frattali (con alla base il principio d’iterazione) e la Topologia. Poincarè, utilizzando i concetti della Topologia, gettò le basi per la Matematica della Complessità e studiando la forma generale delle traiettorie dei corpi, scoprì che erano tremendamente complesse, non disegnabili : aveva individuato quello che oggi viene denominato “Attrattore Strano”, ovvero le “orme del Caos”. Infatti, lo studio matematico dei sistemi non lineari, dimostra come sia molto difficile ottenere funzioni che mantengono per lungo tempo turbolenza ed instabilità, anzi, sovente ci si trova in presenza di punti o aree di regolarità chiamati attrattori.

Quando questi ultimi sono particolarmente complessi, prendono il nome di attrattori strani e sono alla base dei frattali, la scoperta più bella ed interessante della moderna Geometria. Le forme più belle e complesse della Natura o dell’uomo sono derivazioni di sistemi anarchici o caotici, attratti verso un autoproggetto autorganizzato. Nessun progetto predefinito può dar luogo a realtà complesse come una catena montuosa (vincolata all’assetto geologico di una particolare zona della Terra) o una città, come ad esempio Toledo (vincolata alla sua particolare stratificazione e sedimentazione di eventi storici). In entrambi i casi, dei potenti vincoli hanno agito da attrattori che hanno condotto all’autorganizzazione, generando non solo l’irrepetibile, ma anche il bello (e quindi l’estetica).

Mentre la banale ricerca della semplificazione dei concetti conduce inevitabilmente allo stato di equilibrio (e ciò in campo sociologico comportamentale porta all’omologazione dei comportamenti) che non rappresenta certamente la forma migliore di organizzazione sociale, la ricerca di attrattori, permettendo la massima libertà d’azione degli individui (che aumenta la probabilità delle interazioni possibili), da luogo a risultati complessi ed autorganizzati.

L’irragionevole efficacia della Matematica per la descrizione e la comprensione del mondo è una realtà perché il mondo naturale sembra, come già si è accennato, algoritmicamente comprimibile, ma non sappiamo se tutti gli aspetti di tale realtà siano in effetti comprimibili. Affinché risulti che il calcolo (la computazione) sia davvero l’aspetto fondamentale della realtà, occorrerebbe che l’Universo facesse soltanto cose computabili ; ciò sarebbe indispensabile affinché gli aspetti computabili del mondo siano la base per spiegare il tutto.

Tuttavia, sono state scoperte svariate operazioni matematiche non computabili e da tempo sono noti numeri, come ad esempio p, per la cui computazione non basterebbe tutto il tempo disponibile all’Universo fisico : dobbiamo quindi renderci conto che esistono dei limiti alla nostra possibilità di conoscenza e la coscienza di tali limiti costituisce un’ulteriore prova dell’enorme valore della Scienza e del suo straordinario significato nella Cultura umana.

Gli esempi, a mio parere, più significativi ed importanti che ci mettono di fronte a tali limiti, provengono dai seguenti teoremi e principi fisici : A) Teorema dell’incompletezza di Godel; B) Principio d’indeterminazione di Heisenberg; C) Limite della velocità della luce; D) Teorema di Arrow in economia; E) Numeri non computabili di Turing; F) Problemi NP-completi (come il problema del commesso viaggiatore ed il Teorema di Chaitin sull’indimostrabilità della casualità algoritmica).

Un esempio di fenomeno biochimico non computabile è il modo utilizzato dalla Natura per ripiegare velocemente su se stesse le proteine complesse ; se ciò fosse fatto utilizzando lo stesso metodo che noi impiegheremmo per programmarlo, ciò sarebbe non computabile, allo stesso modo in cui non è computabile il problema del commesso viaggiatore. Tuttavia la Natura ha trovato un modo per portare a termine il calcolo in una frazione di secondo e non sappiamo ancora come vi riesca. V’è quindi una differenza tra le limitazioni della Natura e le limitazioni dei particolari descrittori matematici computazionali o statistici che abbiamo deciso di usare per descrivere il suo comportamento.

La Matematica e le Scienze sperimentali, oltre ad evidenziarci i nostri limiti cognitivi, ci aiutano a superare i pregiudizi di cui siamo affetti sia nella vita pratica che in quella intellettuale, come, ad esempio, il pregiudizio secondo cui le “arti creative” sarebbero l’espressione libera della pura creatività umana. Sappiamo infatti che esistono antichissime influenze sulla gamma delle sensazioni umane, che hanno un valore di sopravvivenza ; tutti noi abbiamo una certa predilezione per alcuni tipi di paesaggio, per certe configurazioni statistiche sonore e per certe particolari simmetrie.

Le Scienze della Complessità possono rivelarci cose interessanti sulle configurazioni dell’arte, ma, ovviamente, è anche possibile che le arti offrano alle Scienze esempi meravigliosamente intricati di complessità organizzata. Vi sono quindi nella nuova Scienza contemporanea tutte quelle tensioni ideali che, se assimilate dalle masse, potrebbero condurre ad una nuova società con nuovi valori ; l’accumulo, l’elaborazione e la gestione di un’enorme quantità di dati raccolti ed organizzati in forma “non banale” ma “scientifica”, potrebbe (ma, come sappiamo, la caratteristica dei sistemi complessi è essenzialmente la loro imprevedibilità) costituire un formidabile strumento per l’attivazione di strategie idonee a scardinare fin dalle sue fondamenta l’innaturale, inumano ed odioso ordine vigente, che condanna alla morte i bambini ammalati di malattie rare perché non reputa economicamente conveniente alle industrie farmaceutiche la produzione dei farmaci specifici o avvelena il pianeta per il beneficio esclusivo di pochi briganti travestiti da filantropi.

Stati fisici ordinati (vedi ad esempio l’instabilità di Bénard) possono essere conseguenze di uno stato disordinato a livello elementare e, come abbiamo visto, le implicazioni filosofiche a tal proposito sono terribilmente importanti, in quanto ci mostrano un’immagine della Natura completamente diversa da quella deterministica propria della Scienza decimononica.

Ciò che prima era definita legge di Natura è, alla luce della Scienza contemporanea un evento probabilistico; infatti, riferendoci per esempio ai fenomeni termici, la materia non ha alcuna intenzione di passare da uno stato più caldo ad uno più freddo in virtù di qualche principio soprannaturale prestabilito, ma questo succede semplicemente perché è molto più probabile che avvenga in questo modo che non in maniera opposta.

Non c’è alcun dubbio: dobbiamo onorare il pensiero stocastico perché sembra la chiave più adatta per accedere alla comprensione dell’Universo e della società umana che ne è parte. Ovviamente, siamo lontani dall’aver capito tutto; non ci risulta affatto chiaro, per esempio, prescindendo dalla teoria della selezione naturale cosmologica, come e perché debba esistere un Universo come il nostro su almeno 10229Universi possibili o come e perché possa sorgere un’informazione come quella biologica da sistemi critici autorganizzati, o come e perché sia sorta la coscienza dalla Biosfera con il suo enorme fardello di sofferenza esistenziale in un Universo che per miliardi di anni ne ha fatto a meno.

Perché esiste qualcosa invece del nulla ? Inutilmente forse cercheremo di trovare una legge di Natura che ci consenta di rispondere a queste ed altre profonde domande, nel frattempo però, continueremo a cercare i significati di eventi particolari nella molteplicità degli approcci possibili, utilizzando il pensiero complesso che funziona proprio come un ologramma in cui è rappresentato tutto lo scibile umano, dall’arte alla Scienza.

Il “Duende” scaturisce nella nostra coscienza quando “riscopriamo” la profonda unità del tutto e solo allora ci rendiamo conto che, come singoli individui, siamo parte della Coscienza Cosmica che è l’Universo intero e con tale Coscienza ci ricongiungeremo alla fine della nostra avventura terrena per tutti i secoli a venire.

Prof DAVIDE CASTELLI


Così l'articolo Superstringhe” al “Duende”

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