Restiamo uomini. Non si esulta per la morte di un mafioso. La lotta alla mafia si fa quotidianamente. Nota personale di don Francesco Fiorino

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Restiamo uomini. Non si esulta per la morte di un mafioso. La lotta alla mafia si fa quotidianamente. Nota personale di don Francesco Fiorino

(Venerdì 17 Novembre 2017)
La morte di un uomo, anche del peggior criminale mafioso, non può esser motivo di esultanza o di pesante sarcasmo.
Restiamo umani. Ognuno di noi renderà conto a Dio giusto e misericordioso. All'odio e alla violenza omicida più spregevole si risponde con ragionevolezza e chiedendo pene severe, certe ed esemplari. Chi sbaglia gravemente, uccide e danneggia fortemente gli altri deve essere punito e fermato perché si ravveda e possa
rimediare, anche in minima parte, alle sue azioni malvage e disumane. La lotta alla criminalità organizzata ed alla mentalità mafiosa - che è più diffusa e pervasiva - deve essere quotidiana ed a tutti i livelli (culturale, sociale, economico, istituzionale, religioso). Nessuno può esimersi di combattere questo "cancro sociale". È un grave errore (e un alibi) pensare che questa azione spetti ai magistrati, alle forze di polizia, a degli "eroi". Ci ispirino in questa sfida permanente i tanti "Giusti di Sicilia" (Rosario Livatino, Peppino Impastato, Paolo Borsellino, Giovanni Falcone, Rita Atria, Giuseppe Fava, Piersanti Mattarella, padre Pino Puglisi...), la loro dedizione, la loro passione educativa e civile, il loro sacrificio.

Don Francesco Fiorino



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